Onde tra noi Felicità germogli, L'arte accusar si de'e, non il terreno. Il più orribil soggiorno, il più giocondo, Posson del pari a lei servir d'asilo. O giammai non si gusta e non si vede, O si trova egualmente in ogni lato. L'oro, quel seduttore onnipotente, Non ha sopra di lei forza ed impero ; Virtù l'attrae, del merto si compiace; E se le spalle volge disdegnosa Dei Regi alle pompose altere Corti, Nel tuo soggiorno, Amico, ella si cela, Per godervi in amabile ritiro, Il suo stabil ricetto, il suo riposo.
Traduzione del Professore Gio. Castiglione. Strasburg, 1761, 8vo.
FELICITADE! oh nostro scopo e fine ! Ben, contento, piacer, qual sia suo nome, Oh, non so che di più, che traggi eterni Sospiri; onde soffriam la vita, osiamo Morir; sempre vicina, sempre oltre a noi; Visto o doppio o mal noto al folle, al saggio. Pianta celeste! Se quaggiù cadesti, Dimmi in qual suol mortal crescerti degni ? Sbocci tu d'una corte ai rai propizi ? Sei tu in le mine colle gemme ascosta ? Sei tu d'allor febeo fra i serti intesta? O colta nella ferrea marzial messe ? Dove cresce ella? ah dove non cresce ella? Se vana è nostra inchiesta, la coltura S'incolpi, non il suol; fisso ad un sito Il vero ben non è; per tutto trovasi, O in niun loco; non è venale, è libero, Ei Re schivando, Amico, abita teco.
Traduzione di Giuseppe Cerretesi de Pazzi. Milano, 1756, 800.
O GRAN Felicità, lo scopo e il termine Dell' esser nostro! Ben, piacer, e requie! Dolce contento! e alfin qualunque siasi Il nome tuo; quel non so che, cui suscita I sospiri, che son nei cor perpetui; Per la qual sopportiamo il nostro vivere, Nè si teme il morir ; sempre a noi prossima, Ognor da noi distante; di continuo Cercata più lontan di quel che siane; Al savio e al pazzo oscuramente cognita ; Pianta d'un seme, ch' ha dal ciel l'origine, Se discesa qua sei, fanne conoscere Qual è quel suol dove ti degni crescere. Ti mostri tu animata dai più lucidi Raggi di qualche corte favorevole? O sei sepolta tra metalli e gioje? Coronato vai tu d'allor poetico, O ti tronco d'acciar delle battaglie ? Dov'è che cresci, o dove non puoi crescere ? Quando sia mai la pena nostra inutile E' la coltura non il suol che mancane. Quella felicità ch'è sol veridica In verun luogo immune non ascondesi ; Non è in niun sito, e da per tutto trovasi; Comprarla non si può; e mentre è libera, Lungi dai troni in Bolimbrok ell' abita.
Traduzione di Michele Leoni.
O tu, Felicità, dell'esser nostro Oggetto e metà! Ben, contento, gioja, Riposo, od altro, qual che sia tuo nome; Dell' uom sospiro eterno, onde la vita Sopporta, e morte sfida; a noi vicina Ognora, eppur sempre da noi rimossa ; Fuor di tua sede invan cercata, e al folle Non men che al saggio tal, che doppia assembri;
Dimmi, deh, pianta di celeste seme, Se quaggiu mai cadesti, in qual più eletta Parte del mortal suol crescer ti degni ? Ridi tu forse di propizia corte Allo splendido raggio, o colle gemme In fiammante miniera occulta giaci ? Sei tu fra i lauri nel Parnaso avvinta, O sulle glebe dall' acciar mietata ? Dove, dove ti stai? Se vano è il nostro Faticar, del cultor, non del terreno La menda è sol. Felicità sincera Certo loco non ha; libera sempre, Non si cambia, nè merca; e in niuna parte Nasce, o dovunque ; dai monarchi fugge, O Bolingbroke, ella con te dimora.
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