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sue, che la morte dei parenti ed amici non gli dava noja che nel primo moto. Ma quanto ai parenti, abbiam già veduto che assaissimo amava il genero, la figlia, e i nepoti. Nè era men tenero verso gli amici, un de' quali, cioè il Ruzzante, visse lungamente in sua casa, come anche il Falconetto, di cui servivasi nelle sue fabbriche; e sappiamo ch'egli voleva esser sepolto insieme con loro, acciocchè, scrive il Temanza nella vi

ta del Falconetto, i corpi di coloro non fossero nè meno dopo morte disgiunti, gli animi de' quali l'amicizia e la virtù aveano legati insieme vivendo. E parlando allo Speroni della felicità sua, dichiara; che sol lo rende infelice il non badar che fan gli uomini ai suggerimenti suoi, perchè gli amici perderebbe più tardi, se ci badassero . Sicchè, a conchiudere, io non ho altro contrario, se non la morte degli amici, che mi tengono in continua infelicità. Così egli stesso. Ciascun vede come quest'ultima frase discordi dall'altra che la morte de' pa

renti ed amici non gli dava noja che nel primo moto: onde pigliandole ambedue con

la debita discrezione, e l' una con l'altra temperando, diremo; ch' egli sapea rammaricarsi, ma vincersi ancora, ed usar fortezza; sapea farsi filosofo senza cessar d'esser uomo: che è la più bella d'ogni filosofia.

Rura mihi et rigui placeant in vallibus amnes, Flumina amem, sylvasque inglorius .

VIRGILIO. Georg. lib. 11.

Gli uomini di un valore in qualche disciplina non ordinario, ai quali la debita giustizia da' contemporanei si renda, son così pochi, che io non so come alcuni, benchè sensati, si lascino riscaldar tanto all'amor della gloria, e tanto s'affannino per ottenerne almen qualche raggio. È giusta la posterità. Infelice consolazione! Che gioveranno a te quelle lodi, delle quali non potrai avere alcun senso? Puoi gustare in vita anticipatamente quella immortalità del nome, che sai dover conseguir dopo morte. Ma poichè l'idea d'un bene tanto ci può dilettar veramente, quanto crediam che da quel bene solleticati verremo, che altro dee dirsi, senonchè questo desiderio d'esistere nelle altrui menti soltanto, questa sete d'u

na eredità, che raccogliere non possiamo, è uno splendido ed utile errore, per cui le fatiche de' trapassati contribuiscono ai piaceri e alle comodità de' viventi?

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Funesta anche in proposito della gloria è la scoperta del vero, Lo scrittor giovine, e d'esperienza privo, sembra credersi egli solo infiammato dall' amor della lode : ma s' egli desidera l'applauso degli altri, la vanità degli altri non è men pronta a negarglielo. Parrebbe che il piacere, ch'egli desta ne' suoi lettori, dovesse consolar questi del dolore di commendarlo: ma questi lettori non si pregiano di vilipender pubblicamente quell'opera, che formò le delizie secrete della lor solitudine?

Felice nel suo inganno quel giovinetto non sa, che con tre spezie di persone ha egli a fare particolarmente con gli artisti, i quali lo invidiano; con gli uomini, che si piccan d'ingegno, ma che inabili a mostrarlo scrivendo, quelli vorrebbero tirar giù, che scrivendo s'innalzano sopra loro; e con

gl'ignoranti, di cui non avrebbe mai creduto sì grande il numero, e nel cui numero colui possiam mettere ancora, il quale, perchè conosce un'arte, ch'egli coltiva, crede poter giudicare di quelle, che non intende. Rimane una quarta spezie, ma scarsissima, d'uomini non men giusti che intelligenti: tra' quali se havvi alcuno, che trovando nell'eccellente opera d'un contemporaneo una macchia, desiderasse di cuore, che tal macchia sparisse, ah questo è l'uomo, ch'io vorrei per amico!

Parlo de' contemporanei, tra' quali tu vivi. Perchè gli stranieri ti avranno forse in gran pregio, ed alcuno sotto un diverso cielo bacerà forse quella pagina, che da' tuoi concittadini non curasi punto. Ma quest'approvazione rimota, di cui non sai nulla, è per te affatto sterile e vana, formando i lontani una posterità di luogo, ch'equivale a quella di tempo. E così non dico nè pure, che nella sua patria ed in vita non ottenga qualche uomo la ricompensa

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