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si cominciasse ad abbellir le ville nel quattrocento, sembra nondimeno che prima tra le moderne più signorili fosse quella di Bagnaja presso Viterbo, cominciata nell'anno 1511, e da Francesco Gambara Cardinale a fine condotta. Poi sorse in Tivoli la famosa villa Estense, ed appresso le altre, che sono a Roma, o poco fuori di Roma. Ma gl'Italiani, a dir vero, non sembrano al presente far conto grande di questi piaceri eruditi e tranquilli; ed avvenne anche in ciò, che promosso sia meglio dalle altre názioni quel che da noi fu a loro insegnato. In Francia certo, e in Germania non è unicamente per raccoglier l'entrate, e riscontrar le partite col Castaldo, che si va in campagna; a nulla dire dell'Inghilterra che ci offre anche in questo un'immagine della Romana grandezza, e creò un nuovo genere in que' suoi Parchi, a imitazion de' quali quel solo abbiamo in Italia, ch' io sappia, del Senator Lomellini nel Genovesato; genere per altro non così nuovo se

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condo alcuni, che non si praticasse già nella Cina. *

È degno d'osservazione il vedere nella maggior civile raffinatezza più grande l'amore della solitudine e della villa. Certo se gli uomini nascessero ancora e vivesser ne' campi, molto men viva sarebbe l'impressione in lor fatta da uno spettacolo, che nella stessa continuazion sua perderebbe della sua forza. Ma quanto più s'allontanano dalla natura, e ristretti nelle città si fabbricano i bisogni più inutili, e dietro ai più falsi beni si struggono, tanto più, quella di tempo in tempo a sè richiamandoli, risvegliasi in loro una invincibile ne

* Vidi solamente alcuni anni appresso bel giardino Inglese a Caserta. Altri ne ha ora l'Italia, che sono più o meno secondo la maniera Inglese; ma io conosco sol quello de' Picinardi non lungi di Cremona, ove non so che cosa io abbia ammirato più, se la bellezza del giardino medesimo, o l'ospitalità degli amabili suoi signori di cui par nobile fratrum con tutta verità si può dire.

cessità di respirar l'aria aperta, di riposar gli occhi su la verdura, e di godere di quella pace, che le cure cittadinesche rendon più desiderabile e più gradita. La stessa coltura della mente fa scoprire, o gustar meglio molte bellezze, che inosservate si rimarrebbero, o non degnamente assaporate nella primitiva rozzezza. Mi piace questo ruscello, m'innamora quel prato; ma certamente i versi di quello spirito raro d'Orazio, i versi di quell'incomparabile anima di Virgilio mi fan mormorare più dolcemente il ruscello, mi fan verdeggiare il prato più frescamente. E diciamo anche, che il prato e il ruscello ci rendono alla lor volta più belli ancora i versi d'Orazio e Virgilio come i paeselli dipinti c'insegnano a gustar meglio gli originali, e gli originali con debita ricompensa i paeselli dipinti .

Certo io perderei molto ne' miei diletti campestri, s'ogni rimembranza io perdessi della città. Sia pur meco la memoria del

seliciato di quelle strade, e della polvere, che ingombra quell' atmosfera, quando io premo

L'erbetta verde, e i fior di color mille, e beo quest' aria pura e balsamica; meco la memoria di quelle case uniformi e triste, che i raggi ripercuotono del Sol cocente, quando veggo questi dipinti colli, onde l'aure più fresche son ripercosse; dello strepito de' cocchi e della moltitudine, quando sento mugghiar la valle, o belar la collina, il canto dell' usignuolo melanconico, o quel dell'allegra contadinella . Che dirò di quegli spettacoli teatrali, l'insufficienza de'quali è abbastanza trovata dalla disattenzione di chi v'interviene, non che dalla forma de' teatri stessi al conversare ordinati più che ad altra cosa? Che dirò di quelle adunanze di frivolezza piene e d'insipidità, o composte d'uomini che son fatti per fuggirsi l'un l'altro, ed ove il timor d'offendere l'altrui opinione ti soffoca le parole in gola e i pensieri? Ah val bene assai più un'ora, una

sola ora che tu venga, o Bertóla, o Pompei, o Pellegrini, a passar meco nel mio ritiro : una sola ora, ma che lascia nel mio cuore quelle vibrazioni, che non si fermano così presto; che lascia nella mente mia quelle idee, di cui io seguo a pascermi lungo tempo.

È vero che non è mia questa casa, questi campi. Li possederò dunqne senza destare l'invidia altrui, e non per questo li possederò meno, non conoscendo io miglior proprietà che quella dell'uso; e quello, che ci appartiene più, non essendo quasi mai ciò, che più ci diletta. Ma non solamente questa casa, e i campi circonvicini ; dirò miei anche gli oggetti più lontani, che a formar concorrono quella scena mirabile, di cui godo. Ma tu nè mieti, nè vendemmj su que' terreni lontani. Sì: ma non è egli meglio, che quelle ricolte e vendemmie si facciano da chi forse ha più bisogni, o più desiderj di me, a cui intanto non trema l'anima in petto, quando veggo addensarsi su

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