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Ricordate al Serenissimo Sig. Duca le mie passate et presenti infelicità, e pregatelo, che si degni di continuare a chieder il termine in gratia a chi n'è l' arbitro. baciateli in mio nome il ginocchio, et vivete felice. Da le prigioni di S. Anna di Ferrara.

Alle Lettere del Coppino si possono aggiungere tre Sonetti del Chiabrera, ch'egli intitola; Per lo Barco, o sia Parco, ordinato da Carlo Emanuele Duca di Savoja. Sappiamo, che il Duca onorò molto il Chiabrera, e che invitollo per bocca del suddetto Giovanni Botero a rimanere in sua Corte, quando l'invitato era giovine ancora, e scrivea il Poema dell' Amadeide. Ecco i Sonetti, i quali, benchè non sien senza macchie, mostrano tuttavia il poetico valore di chi dettolli.

I.

Poichè a nemico piè l'Alpi nevose
Chiuse Carlo, d'Italia almo riparo,
E non mai stanco in faticoso acciaro,
Con magnanimo cor l'armi depose,

A diporto di lui foreste ombrose

Vaghe Napée lungo la Dora alzaro, Ove s' Eto, e Piróo l'aure infiammaro, April rinverda le campagne erbose.

Fama per queste nove a scherno prende L'antiche Tempe, e del famoso Atlante L'alme ricchezze il peregrin qui scorge.

Ma svegliato dragon non le difende :

Anzi cortese allo straniero errante

Con larga destra il grande Eroe le porge.

II.

Drïadi ombrose, alla cui nobil cura
L'orror commise della selva amica
Carlo, tra le cui piante alla fatica
De' più gravi pensier talor si fura ;

Euro invitate a contemprar l'arsura

Con l'aure, che nel grembo ei si nutrica; Ed Austro allor, che la campagna aprica Borea col gel de' freddi spirti indura.

Ma perchè rio furor d'alta tempesta Tronco non svella, o di saetta accesa Non sia rimbombo a minacciarla ardito,

Basta Carlo scolpir per la foresta,

Ch'ella fia d'ogni oltraggio indi difesa :

Tanto è l'eccelso nome in Ciel gradito.

III.

Se dentro l'ombra delle regie fronde,
Che per l' industre man folta si stende,
Pari a quella giammai belva discende,
Che d'Erimanto sbigottì le sponde;

O pur, se a quella, che le selve, e l'onde,
Col nome ancor di Calidonia offende,
Altra sembiante dure terga orrende

Vi porta, o zanne di gran spuma immonde,

Destre, di cui miglior Grecia non vide,
Sollecite a placar l'ombroso chiostro
Armeranno archi sanguinosi, e rei;

E quasi Meleagro, e quasi Alcide,

Carlo il gran teschio appenderà del mostro: Chè sa di più gran spoglie alzar trofei .

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Ma ritornando alla Lettera del Tasso, conchiuderò, che se la gloria dell' invenzione non appartien più, come vuolsi confessare, al poeta Italiano, certo all' Italia appartiene, e anche meglio; poichè si vede da quella Lettera principalmente, che il Giardino Inglese non solo fu descritto dalla penna di Torquato prima, che da qualunque altra, ma che innanzi a tutti l' ideò, ed eseguì Carlo Emanuele I. Duca di Savoja.

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