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coste, dai festoni delle viti sino alla sommità inghirlandate, festoni che dal giallo della messe tramezzati sono: mentre in altra parte si contrappone il verde pallido degli ulivi a quello più vivo di varie maniere di piante, qua sparse, e là insieme aggruppate, molte anche adorne d'ottime frutta, come sarebbe di fichi forse non inferiori a quelli, che d' Affrica portò Catone, ed avea in Senato nel sen della toga. Tutto è poi seminato pittorescamente di biancheggianti case, alcune delle quali son nobilissime abitazioni, che rompono colla verdezza de' campi, e le masse distinguono del gran quadro.

I passeggi o son piani, e tra i molti, che ho di tal fatta, quelli primeggiano in riva all' Adige, le sponde del quale han curvità commendabilissime, per cui un sempre vario presentasi di montagne prospetto: o son diseguali, e quindi più comodi ancora secondo l'espression di Celso, che altamente loda tali passeggi; dicendo che quella va

rietà del salire, e discendere, muove assai meglio la nostra persona. Che se talvolta, lasciando sotto di me le vallette ed i poggi, tento il più erto del monte sino al tuo giogo, o santo Mattia, qual teatro non mi si apre allora, qual sublimità, qual varietà, qual magnificenza? Oltre i molti oggetti nuovi che s'aggiungono ai conosciuti, questi medesimi, più riuniti, vestono apparenze nuove : ma sopra tutto fa stupore veder l'Adige trasformato in alcuni laghetti sparsi qua e là nel gran seno della campagna. Le passeggiate tra i monti vantano anche questa prerogativa; che non si torna mai la medesima strada, benchè si torni per per la strada medesima, avendo sempre gli angoli delle montagne aspetti diversi: oltre che basta la differente ora dal giorno, basta qualche nuvoletta nel cielo, che ad una porzione de' raggi del Sole chiuda la via, a generar varietà, e a farci nuovi sembrare gli oggetti ancora più noti. E questo non so se fosse avvertito da Celso, il quale ne

dice ancora, che del passeggio all'ombra torna più salubre quel sotto il Sole: ma non è ciascuno Solibus aptus, come di sè medesimo scrive Orazio. Benchè almen questo io abbia comune con Orazio, direi non pertanto esser quello il miglior passeggio, che di sole componesi e d'ombra, la qual certo non manca qui, abbondando le piante e le siepi più folte ed alte, e rigogliosissima essendo la vegetazione. Giardino alcun non è qui, benchè paja vederne uno in alcune muricce diritte e lunghe con sopravi bei filari di vigne, e la coltura del terreno intorno alla casa sia ortense più che altro: ma l'amenità del sito non lascia accorgersi di tal mancanza ovvero direm tutto questo sito un giardino sul gusto di quelli d' Inghilterra, che si chiamano irregolari, e non sono che un'imitazione delle bellezze della natura condotte ad una perfezion maggiore. Non so per altro se maggiore ancor sia il diletto che ne risulta. Certo, quando io veggo un bello campestre, il piacer mio

vien non poco accresciuto da quella rapida riflessione, che il caso accozzò insieme i diversi oggetti, onde formasi quella scena: ma se ciò, ch' io veggo, è frutto dell'arte, nutrendo noi di questa un'opinion grande, e più esigendo da lei, che dal caso, il qual pare non aver forza niuna, crederei che la scena artifiziale, benchè più bella della naturale, dovesse tuttavolta colpirci e dilettar

meno.

Che che parer possa di questo, certo è che d'in cima ad una delle suddette colline spunta picciol convento abitato da otto Eremiti, che non so perchè si dicano Eremiti, otto essendo. Piuttosto io, che sto solo, son l'Eremita. È circondato da non pochi cipressi, che gli vanno piramidando intorno, e dannogli un'aria melanconica e grave, la quale combatte non senza molta grazia ccl ridente de' circostanti luoghi. Vado a vistarlo, non già per consultare su qualche lavoro poetico que' Romiti: allora là vado, che voglio scorgere un orizzonte più vasto,

e pascer l'anima di que' pensieri soavemente tristi, che un'abitazion fuor del Mondo e divota non lascia mai d'ispirare. Senza che contiene alcuni bei quadri, tra quali uno di Paolo, e due di Pasquale Ottini. È questa delle maraviglie d'Italia, che là si trovino, dove men si crederebbe, i lavori più belli delle bell' arti. Quello di Paolo non però va tra i migliori suoi : ma nobilissimi mi sembrano gli altri due. Uno è nel refettorio, e rappresenta secondo il costume una cena: l'altro nella chiesetta, ed ha una deposizione di croce. Gran robustezza di pennello, e gran forza d' espressione, nel che si distinse detto pittore, massime nella testa della Vergine e in quella di Cristo : guasta alquanto la composizione il ritratto del divoto, che ordinò il quadro, ma ritratto sì bello, che fa quasi perdonar quel difetto.

Questo Pasquale Ottini, detto anche Pasqualotto, fiorì nel principio del secol passato, e fu allievo di Felice Brusasorzi, di

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