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X.

E talor gioverà per vie novelle

Porlo, e piagge tentar non tocchè avanti;
Perdermi volontario, e di donzelle
Smarrite in bosco, e di guerrieri erranti
I lunghi casi e le vicende belle

Volger nell' alma, e sognar larve e incanti :
Poi, riuscendo al noto calle e trito,
Goder del nuovo discoperto sito.

XI..

Ma già il Sole a mirar non resta loco, Che in quelle nubi, a cui l'instabil seno Splende di fuggitiva ambra e d'un foco, Che al torcer sol d' un guardo mio vien meno. Par che il colle s' abbassi; e a poco a poco Fugge da sotto all'occhio ogni terreno : Già manca, già la bella scena verde Entro a grand' ombra si ritira e perde.

XII.

Oh così dolcemente della fossa Nel tacito calar sen tenebroso,

E a poco a poco ir terminando io possa Questo viaggio uman caro, e affannoso. Ma il dì, che or parte, riederà : quest'ossa Io più non alzerò dal lor riposo ;

Nè il prato, e la gentil sua varia prole Rivedrò più, nè il dolce addio del Sole.

XIII.

Forse per questi ameni colli un giorno
Moverà Spirto amico il tardo passo,
E chiedendo di me, del mio soggiorno,

Sol gli fia mostro senza nome un sasso
Sotto quell' elce, a cui sovente or torno
Per dar ristoro al fianco errante e lasso,
Or pensoso ed immobile qual pietra,
Ed or voci Febèe vibrando all'etra.

XIV.

Mi coprirà quella stess' ombra morto, L'ombra, mentr' io vivea, sì dolce avuta, E l'erba, de' miei lumi ora conforto, Allor sul capo mi sarà cresciuta. Felice te, dirà fors' ei, che scorto Per una strada, è ver, solinga e muta, Ma donde in altro suol meglio si varca, Giungesti quasi ad ingannar la Parca.

XV.

L'alme stolte nodrir non aman punto

Il pensier della loro ultima sorte,
E che solo ogni di morendo appunto
Può fuggirsi il morir, non fansi accorte.
Così divien come invisibil punto

Il confin della vita e della morte;

Onde insieme compor quasi n'è dato
Di questo, e del venturo un solo stato.

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LA NOTTE.

I.

Già sorse, ed ogni stella in ciel dispose

Notte con mano rugiadosa e bruna;
Piena nell'orbe suo splende, e le cose

Di soave color tinge la Luna ;
E della villa, e delle popolose

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Città la gente si rinserra e aduna :

Ma qui su questa rupe, ond' uom non veggio,

Signor del Mondo abbandonato, io seggio.

II.

Come nella Natura, che sospende

Ogni opra agli occhi, è la quïete augusta!
Come da un cor, che la sua voce intende,
Questo silenzio universal si gusta!
Universale, se non quanto il fende
Cupo tenor di musica locusta,

E romorosi più nella profonda

Quïete o rio tra i sassi, o al vento fronda.

III.

Insieme con le fresche aure notturne Volan le dolci Calme, e i bei Riposi, Ei Genj, che dormir nelle diurne Ore, e godon vegliar co' cieli ombrosi, E con sordo aleggiar le taciturne Gioje tranquille, ed i Piacer pensosi : Mentre su colle e pian disteso giace Quell'orror bello, che attristando piace.

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