XXII. Possano d'improvviso entro un eterno Nè sul pallido ciel mirar vicino * La celebre Silvia Verza. IL MEZZOGIORNO. I. Là’ve gode uno stuol di folte piante Ramo con ramo unir, fronda con fronda, Mentre sul pinto suol tessono un arco, Che alle fiamme del ciel chiude ogni varco. II. Di meriggiar tra il folto han pur costume Ora i più vispi volator canori : Ma tema alcuna dell' ardente lume Non turba, o farfallette, i vostri errori. Fa varia pompa di pitture e d'ori, III. Ed ora, che l' acuto ardor del giorno Fuori all' erbe ed ai fior l' ambrosia tragge, Non più carche di cera, ma ritorno Fanno gravi di mel le pecchie sagge. Farfallette ozïose, il meglio adorno Cedete a lor di queste verdi piagge: Questa è gente operosa, e le giornate Spende in util fatica; e voi scherzate. IV. Rassomigliate voi quelle donzelle, Che, non salendo all'onor mai di donne, Ma gareggian le industri api con quelle, Sudano in bei lavori, e i frutti sanno Mostrar delle lor cure al fin dell' anno. V. Sediam: della stagion non tempra il foco Anche il solo mirar dell' onda fresca, Su la cui faccia il ventolin del loco La punta all' ali sue bagna e rinfresca? Onda, che la città vedrai tra poco, Dì, prego, al dolce IDALIO mio*, ch'ei n'esca ; Lasci le ignite mura, e un giorno almeno Tenti qui meco all' amistade in seno. VI. Che s' egli manca, e qua non drizza il piede, Solo non io però vivo quest' ore: Chè meco all' ospitale ombra qui siede O quel, su le cui carte ancor si vede VII. Tale è l'incanto de' celesti carmi, Tal dolcezza nel sen mi serpe ed erra, Che un nuovo Mondo allor mi cinge, e parmi Nuove forme vestir l'aere e la terra. Già tutto mi s'avviva: i tronchi, i marmi Ogni erba e fronda un' anima rinserra; L'onda d'amor, d'amor mormora l'aura, E intenerito il cor chiede una Laura. |