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Chiabrera, Tu, cui bellezza

Lemene.

E giovinezza

Oggi fan sì fuperba,

Soave pena,
Dolce catena

Di mia prigione acerba!

Deh con quel fiore
Configlia il core

Sulla fua frefca etade,
Che tanto dura
L'alta ventura

Di questa tua beltade.

Le men e.

S. B. II. S. 64.

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So wenig neu der Hauptgedanke

und das in folgendem Liede ausgeführte Bild ist; so viel Reis hat es doch durch die Ausführung gewonnen.

LA ROSA,

Deh mirate, o Verginelle,

Come pura ne innamora
Fresca Rosa in fu l' Aurora,
E imparate ad effer belle,

Vuol di spine effer armata

La Beltà, ch'è don del Cielo;
E modefta ful fuo stelo
Men veduta è più pregiata

Di qual gioja empie le spiagge
Del giardin tutte fiorite!
Par che parli: or voi l' udite,
E imparate ad cffer fagge,

Quanto

Quanto godo (ella ragiona)

Nel veder, ch' ognun m' inchina,

E per farmi lor Regina

Tutti i fior mi fan corona!

A me cede i primi onori

Dolcemente pallidetta
Benchè fia la Violetta
Primogenita de' Fiori,

Gelfomin, Liguftro e Giglio.
Gareggiar con me non vuole,
Più dell bianco il mio vermiglio,

Al vermiglio mio fembiante,

Che'l credea del fole un raggio
Un mattin del primo Maggio.
Volfe Clizia il guardo amante,

Tutti i Fior del regno mio
Offervar l'amante Fiore,
E fcoprendo il vago errore
Rifer tutti, e risi anch' io,

Allor fu, che fatta altera

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S' adornò del noftro rifo,
E moftrò più lieto il vifa
La ridente Primavera.

Sul mattin dolce cantando
Mi falutan gli Augeletti;
E fi fenton Rufcelletti,
Che mi lodan murmurando,

Venticelli innamorati

De' lor fiati fan fofpiri:
Jo co i grati miei refpiri
Fo poi dolci i lor fiati,

Ma che parlo ahi folle, ahi laffa,
D'un gioir ch'è fi fugace?
Il mio bel, che tanto piace
E' balen, che fplende e paffa,

Tramon

Lemene.

Lemene.

Tramontar col sole il miro,
Se col sol nafcendo ei forge;
E fparire il Ciel Io fcorge
Del grand' occhio ad un sol giro,

So ben' io, quanto fia frale

La bellezza, onde mi fregio;
Ma god' io d'un più bel pregio
Gloriofo ed immortale.

Quel gioir più grande, o come
Spererò forte più rara?
A Maria fon tanto cara,

Che Maria prende il mio nome.

E fe 'l Mondo, allor che brama
Da Maria pietosa aita,

Con più nomi à fe l' invita,
Col mio nome ancor la chiama.

Ella poi, che cofi degna

Umil regna in tanta gloria,
D' effer Rofa in Ciel fi gloria,
E il mio nome non isdegna.

Or morir fe in terra io fcefno

Tofto il fral delle mie foglie
Per Maria, che in fe lo toglie
E' il mio nome in cielo eterno.

Verginelle, al vostro orecchio
Bei penfieri il fior configlia,
Or' à voi, fe à voi fomiglia
Sia la Rofa immago, e fpecchio.

E tu Vergine pietofa,

A' Mortali il guardo piega;
E confola chi di prega
Col bel nome della Rofa,

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S. B. II. S. 23. Die zu Venedig, 1757, in zwei Duodezbånden, gedruckte Ausgabe seiner Rime enthält, außer denen von seiner Gattin¡ Faustina Maratti, noch viele, zum Theil schdne, kleine Gedichte andrer berühmter Mitglieder der arkadischen Gesellschaft.

I.

CANZONETTA.

Zappi.

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Già ch' ei fen gio

Fuor del mio feno

Sapeffi almeno ora dov' é, che fà!

Ne chiedo al rio,

Ne chiedo al fonte,

Al piano, al monte, e nulla parte il fà.

Ninfe e Pastori,

Che qui fedete,

Voi lo fapete, lo mio cor com'è;

Cinto d'ardori,

Pieno di fede,

Deh chi lo vede, lo riporti a me!

Ma

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