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Ma guardiamci dal far tali studj, come fatti vengono dalla più parte. Il chimico, il geometra potrebbe cessare d' esser uomo, e restar grande nell' arte sua. Ma non è così di quelle facoltà, le quali, se dallo spirito non cadon nel cuore, fanno più torto, che onore, a quello spirito, in cui rimangono. Quanti non insegnano la virtù, che sarebbero desolati d'averla imparata? guariscono tutti dalle false opinioni, fuorchè sè stessi? studiano nell' umana natura, giacchè bisogna pur disputarne, e mostrar d'intenderla ma desideran veramente di conoscer sè medesimi ? io credo teman piuttosto. Proponete ad un di costoro o d'esporre que' paradossi, che dal Mondo verranno applauditi senza andarue persuaso egli, o di recare in mezzo quelle opinioni, di cui è intimamente convinto, con pericolo che il Mondo non gli batta le mani, egli sceglie il primo: non è il vero che gli sta a cuore, è la fortuna del libro suo.

Chi è colui? Un erudito. Non uscì dalla

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bocca d'un celebre antico alcun savio detto, ch' egli nol ripeta; non fu scritto un luminoso ammaestramento, che nol ricordi ; non ricorda un' eroica azione, che non l' esalti: viene il tempo o di pronunziar qualche savio detto, o di dare qualche buon consiglio, o di fare qualche azion buona: egli rimane al di sotto de' più ignoranti Ma l'ignoranza stessa non è men brutta? Che giova tanta investigazione, se di quello, che andiam raccogliendo su questo o quel libro, non ci nutriam veramente, non l'assimiliamo, nol convertiamo in succo e sangue, e nella propria nostra sostanza? Che è questa scienza posticcia, che sta su l'animo, come sul corpo la veste?

Un altro fa le delizie sue de' poeti. Delizie infelici, se non passa più là della frase e del numero, se da quella viva pittura di costumi e d'affetti, di vizio e virtù, non impara a farsi più avveduto e più saggio. Che direm di quelli, che tanto affaticansi, a fine d'imparar molte lingue?

Quasi fosse bello il poter dire in molte favelle ciò, che non merita forse d'esser detto in niuna. E quelli che si danno in vecchiezza allo studio d'una lingua nuova? Non è di questo ch' io loderò l'illustre Catone. Alla lingua Araba diede opera nell' età d' anni ottanta il Cardinal Olivieri: per morire scolare, dice il Boccalini. E il sudare intorno alla propria lingua, quando non sei più per usarne? L'Algarotti poco prima della sua morte, e dopo stampate più volte l'opere sue, ringrazia la sua tosse, che l'ha condotto nel bel paese di Toscana, ove potrà attignere al fonte d'ogni grazia e di ogni bel parlare: quella tosse, che condotto l'ha nel sepolcro. Ne' suoi ultimi anni interrogato Francesco Zanotti a che s'applicasse, rispose alla propria lingua, che non mi pare ancora di saper bene. Ma la credea egli necessaria per l'altro Mondo?

Un altro regola i suoi studj in modo, da poter fare spicco ne' circoli, e abbagliare almeno i semidotti e le dame. Egli

e non

legge Platone, non vitæ ornandæ, sed linguæ orationisque comendæ gratia; nec ut modestior fiat, sed lepidior. Cerca particolarmente di quello arricchire, che può mettere in mostra più facilmente, tanto si cura d'essere, che di parere. Ha, per dir così, due esistenze: una in sè medesimo, della quale non fa verun conto; un'altra nello spirito altrui, e di questa è veramente sollecito : si contenterebbe di mentire, tradire, tremare, per esser creduto veritiero, fedele, tranquillo.

Ben diverso è quell' uomo, che non tanto s' industria di piacere agli altri, quanto a sè stesso. No, non è vero ch' egli scriver non possa, senza pensare a' lettori suoi. Come? Potrà uno trovarsi lietissimo, compiuta che ha un'azion buona; e nol potrà, terminato che abbia un bel libro? Nè disprezza già quelle scienze, di cui ho parlato, anzi le coltiva anch' esse, ma così, che sembran più belle, e più degne della compagnia di quell' altre sue

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discipline più necessarie e più alte. Non si contenta dunque di determinare con precision sottilissima il sito d' un astro, nè s' applica a conoscere i movimenti de' corpi celesti, come farebbe degl' ingegni e delle ruote d' una macchina, che avesse punto la sua curiosità : ma osservando quelle maravigliose corrispondenze, quella generale armonia, abbandonerà l'anima alle più nobili e sublimi contemplazioni, a quell' estasi, a que' rapimenti, che in lui desterà la lucida e mobile architettura dell' Universo. Non solo prima di conoscer l' indole, o ciò che istinto si dice degli animali, prima de' costumi d' un augello, o d'un pesce, studiar vorrà le nostre inclinazioni ed i nostri affetti; ma un'erba, un fiore, un insetto gl' insegnerà con una éloquenza, cui quella non giunge delle scuole, e delle accademie, gl' insegnerà Dio, ch'egli trova sempre sotto il ferro anatomico, sotto la microscopica lente, in ogni angolo della terra e del cielo, e così su le

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