XX. Oh, com'è questo ciel, sia tale il core ! E più non ne rannuvoli il sereno O follía, che par senno, o dolce errore, XXI. Ma s'io, ciò, Sole, ascolta ancor, s'io mai Alla madre cessar l'omaggio antico Di rispetto e d'amore, o ne' suoi guai XXII. Possano d'improvviso entro un eterno Nè sul pallido ciel mirar vicino *La celebre Silvia Verza. IL MEZZOGIORNO. 1. Là've gode uno stuol di folte piante Ramo con ramo unir, fronda con fronda, Che alle fiamme del ciel chiude ogni varco. II. Di meriggiar tra il folto han pur costume Ora i più vispi volator canori : Ma tema alcuna dell' ardente lume Non turba, o farfallette, i vostri errori. Come se tutto lor piacesse, e nulla. III. Ed ora, che l' acuto ardor del giorno Fuori all' erbe ed ai fior l'ambrosia tragge, Non più carche di cera, ma ritorno Fanno gravi di mel le pecchie sagge. Farfallette ozïose, il meglio adorno Cedete a lor di queste verdi piagge: Questa è gente operosa, e le giornate Spende in util fatica; e voi scherzate. IV. Rassomigliate voi quelle donzelle, Che, non salendo all'onor mai di donne, Sudano in bei lavori, e i frutti sanno V. : Sediam della stagion non tempra il foco Anche il solo mirar dell' onda fresca, Su la cui faccia il ventolin del loco La punta all' ali sue bagna e rinfresca ? Onda, che la città vedrai tra poco, Dì, prego, al dolce IDALIO mio*, ch'ei n'esca; Lasci le ignite mura, e un giorno almeno Tenti qui meco all' amistade in seno. |