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Ma se le parti tutte dell' Universo cospirano a formare un sol tutto, che non può quindi far senza una sola delle sue parti; com'è egli dunque, che più non si veggono alcune stelle, che la settima delle Plejadi disparve da sì gran tempo? Guardiamci dal credere, che tali stelle non sussistan per questo, che non le veggiamo. Che il nostro mare abbia coperte le più alte montagne, che l' Atlantide sia sparita, che un pianeta rimanga disabitato e sterile, di fecondo che era e animato, tali vicende possono non turbar l'ordine generale: ma se un Sole si spegne e sparisce dal cielo, che sarà di tutti que' Mondi, che rotavano intorno ad esso? ove li trasporterà quella forza centrifuga, che solo allor regnerebbe? Anche l'attrazion più generale tra i Soli, o le sfere tutte, ne rimarrebbe scomposta. Perchè dunque più non si scorge quell' astro? Per qualche accidente, se le spiegazioni non piacciono, che di ciò si danno, o se creder non vuol

si, che spento sussista nel voto, per qua!che accidente, che non m'è noto; come non so, perchè si riaccese taluno, che s'era spento. Intendo forse io meglio, come gli altri tutti si scorgano ancora, cioè come non iscemi nelle stelle, e nel nostro Sole la luce dopo tanta emanazione? Ci appagan forse quelle comete in questo lanciate a fin di nutrirlo? Quel lume, che i corpi celesti si tramandano scambievolmente, e di cui nulla sen perde? Ci appagano invece quelle dottrine Cartesiane, o piuttosto Malebranchiane, che furon dall'Eulero rimesse in piedi, e che alla luce. di emanar vietano, e vibrar fanno l' etcre, in cui si vuole che la luce sia quel lo, ch' esser crediamo il suono nell'aria scossa e ondeggiante?

Comunque sia, lo studio dell' Universo non permette di pensar cosa, onde turbata verrebbe quell' armonia, che d'altra parte per tanti fenomeni è dimostrata. Tale armonia generale, quanto all' ordine

fisico, ci conduce naturalmente a supporre del morale lo stesso: se non è da dire, che amendue non forman che un sistema solo. E chi sa, che oltre il morale ed il fisico, non entrino nel gran disegno della Divinità altri ordini ancora, per cui nè termini abbiamo, nè idée? Noi veggiamo un gran palagio, la cui regolarità esterna fede ci fa dell' interna, ma entrar non possiamo in esso: lo misuriamo anche in gran parte questo palagio, ma senza poter conoscerlo. Che se tutto, come sembra, è concatenato, l'anima nostra così umiliata, quando, slanciandosi fuor del suo caduco inviluppo, trascorre i cieli, e riguarda da quell' altezza il picciolo nostro globo, gran conforto ricever può dal pensare, che non solamente questo picciolo globo, ma ciascun di noi stessi è necessariamente a tutta la natura congiunto. La stessa contemplazione del cielo, che una certa umiliazion desta in noi, dee destare anche una nobile compiacenza. L'uo

mo, disse un grande ingegno, non è che debile canna: ma egli è una canna pensante. Quel Sole, che illumina, feconda e governa tutti que' Mondi, che gli dauzano intorno, niente sa degli effetti mirabili e sommi, ch' egli produce: l'uomo è un nulla, ma sa ch' egli è un nulla. La divina scintilla, da cui è animato, e per cui può rivolgere uno sguardo intelligente a quelle porzioni di materia lucida, lo rende ancora più grande e più nobile di tutti que' cieli, ch' egli contempla, e dalla contemplazion de' quali s' innalza sino al trono dell' Onnipotenza, di cui narrano i cieli la gloria, senza vederla e conoscerla, a lui, che la vede in questa, e che per conoscerla è fatto nell' altra vita. Si, questa è la bella sorte dell'uomo, che saper posso anche senza il libro de' filosofi, anche senza quel libro che ogni filosofia superò, benchè l' uno me la faccia sperare e l'altro la mi prometta bastami guardar nel mio cuore, ove trovo un principio non men naturale, che

la ragione, ma più forte, più inalterabile, e più sentito; trovo un desiderio non mai pago, e rinascente sempre, d' una che sempre cerco, e non trovo mai, vera e perfetta felicità.

FINE.

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